Si è appena conclusa una Vuelta a España 2017 faticosissima per Fabio Aru. Il corridore sardo della Astana ha lottato ma ha ceduto alla distanza, concludendo la corsa a tappe spagnola al tredicesimo posto: “La doppietta con il Tour è durissima, stressante – racconta sulle colonne de La Gazzetta dello Sport – Avevo fatto Giro e Vuelta nello stesso anno, e posso dire che non cisono paragoni. E’ più facile, c’è più spazio per riposare. Complimenti a Froome che ha fatto un’impresa davvero eccezionale e a Vincenzo che ha centrato un secondo posto di grande valore“.
Aru però sottolinea come conti soprattutto “la professionalità nei confronti della squadra e di tutti i tifosi”. L’importante era portare a termine il lavoro “Sono pagato per questo – aggiunge – Sono stato molto contento della vittoria dell’Astana nella classifica a squadre, e senza di me non ci sarebbe stata. E so che in squadra ci tenevano molto. L’avevamo vinta soltanto al Giro 2015, quando arrivai secondo alle spalle di Contador. Preferisco chiudere la stagione manifestando gratitudine nei confronti di chi mi ha fatto passare professionista, di chi mi ha dato il pane. Da parte mia, pur non al 100% perché la Vuelta non era nei programmi, ci ho messo tanto impegno“.
Il percorso non prevedeva tapponi dal dislivello esagerato, il che ha reso la corsa “combattuta tutti i giorni”. Questo non ha fatto altro che succhiargli ulteriori energie mentali: “Per me è stata una stagione complicata: al di là dei giorni di gara, credo 67, è stata stressante. Dovevo fare il Giro, la testa era lì, e poi mi sono fermato per la caduta quando non dovevo fermarmi, e poi sono ripartito, e poi il Tour. Per questo ci tenevo a onorare questa Vuelta. L’ho finita che ero veramente stanco“. Sono quindi tornate alla mente le parole dell’ex compagno Nibali che l’anno scorso al Tour gli disse: “Ci sono dei giorni che sono
proprio morto”. In ogni caso, Aru ha tenuto duro ed è rimasto in classifica in pratica fino all’ultima settimana: “Certe volte è più facile mollare che continuare, è tanto lo stress di chi fa classifica. Io sono rimasto lì finché ho potuto. Nella crono non avevo buonissime sensazioni, poi le gambe non sono più andate. È stato importante arrivare a Madrid anche per capire come reagiva il corpo a fare due grandi giri a distanza così ravvicinata“.
Aru però sottolinea come conti soprattutto “la professionalità nei confronti della squadra e di tutti i tifosi”. L’importante era portare a termine il lavoro “Sono pagato per questo – aggiunge – Sono stato molto contento della vittoria dell’Astana nella classifica a squadre, e senza di me non ci sarebbe stata. E so che in squadra ci tenevano molto. L’avevamo vinta soltanto al Giro 2015, quando arrivai secondo alle spalle di Contador. Preferisco chiudere la stagione manifestando gratitudine nei confronti di chi mi ha fatto passare professionista, di chi mi ha dato il pane. Da parte mia, pur non al 100% perché la Vuelta non era nei programmi, ci ho messo tanto impegno“.
Il percorso non prevedeva tapponi dal dislivello esagerato, il che ha reso la corsa “combattuta tutti i giorni”. Questo non ha fatto altro che succhiargli ulteriori energie mentali: “Per me è stata una stagione complicata: al di là dei giorni di gara, credo 67, è stata stressante. Dovevo fare il Giro, la testa era lì, e poi mi sono fermato per la caduta quando non dovevo fermarmi, e poi sono ripartito, e poi il Tour. Per questo ci tenevo a onorare questa Vuelta. L’ho finita che ero veramente stanco“. Sono quindi tornate alla mente le parole dell’ex compagno Nibali che l’anno scorso al Tour gli disse: “Ci sono dei giorni che sono
proprio morto”. In ogni caso, Aru ha tenuto duro ed è rimasto in classifica in pratica fino all’ultima settimana: “Certe volte è più facile mollare che continuare, è tanto lo stress di chi fa classifica. Io sono rimasto lì finché ho potuto. Nella crono non avevo buonissime sensazioni, poi le gambe non sono più andate. È stato importante arrivare a Madrid anche per capire come reagiva il corpo a fare due grandi giri a distanza così ravvicinata“.